I COLORI DELLA SAVOIA ANTICA


I COLORI DELLA SAVOIA ANTICA.

Come ogni famiglia nobile e antica anche i Savoia avevano il loro stemma, cosicché tutti li potessero riconoscere facilmente.

L'arma di Casa Savoia portava nel 1217 l'Aquila di una sola testa, nera in campo d'oro.

Consevrata da Pietro II ("Il piccolo Carlo Magno" (Susa, 1203 - Pierre Chatel, 28/5/1268). ed alternata alla nuova insegna da questi inaugurata (croce bianca in campo rosso) fu sostituita con l'Aquila imperiale bicipite da Filippo I ("Gonfaloniere della Santa Chiesa" Nato ad Aiguebelle nel 1207, Vescovo di Lione, regnò dal 1268 al 1285 anno della morte a Roussillon-en-Bugey o al castello della Rochette il 16/8/1285).

Nel 1285 Amedeo V "Il Grande" (Bourget, 1249 - Avignone, 1323) riassunse la croce bianca in campo rosso.

La croce bianca, da allora divenuta emblematica e caratterizzante della Famiglia, ispirò i celebri versi ”Bianca croce dei Savoia ......” al Carducci.


Secondo Jean d’Orville, detto il Cabaret, sul primo stemma di Casa Savoia c'era un'aquila nera in campo oro, dono dell'Imperatore al suo fedele scudiero Beroldo; solo dopo la seconda crociata, di Amedeo III e di Luigi VII di Francia, Casa Savoia ha utilizzato l'emblema con una croce bianca in campo rosso.

In realtà l’origine dei Savoia è sconosciuta. Secondo i cronisti medioevali (Jean d’Orville, XV secolo) la dinastia era discendente dall’Imperatore Ottone II, tramite un suo fantomatico nipote Beroldo. Successivamente gli storici Botero, Monod e Guicheron (XVII secolo) preferirono l’ascendenza sassone, considerando padre del primo Conte sabaudo un Beroldo, discendente da Witichindo Re dei Sassoni. Sia nel primo e sia nel secondo caso il presunto conte Beroldo è frutto della fantasia degli autori. Con l’avvento della politica italiana della dinastia fu cambiata anche l’ascendenza, che da tedesca diventa nazionale. Napione (XVIII secolo) e Cibrario (XIX secolo) credono Umberto I di Savoia nipote di Berengario II Re d’Italia e lo indicano come figlio del Conte Palatino di Borgogna Ottone Guglielmo. Quest’ultima ipotesi fu accettata fino agli inizi del secolo XX. Se non discendenti diretti di Berengario II erano almeno considerati aggregati, in qualche maniera, alla stirpe anscarica. Agli inizi del XX secolo lo storico de Manteyer propose l’ipotesi carolingia: Umberto I come figlio di un fantomatico Umberto I (vivente nel 978) e discendente in linea femminile da Tiberga di Provenza, a sua volta figlia di Berta di Lotaringia (figlia del Re Lotario II) e di Tibaldo Conte di Provenza. Il collegamento carolingio ebbe, con alcune sfumature e distinzioni, ampia fortuna e fu appoggiato da studiosi come Baudi di Vesme, Gabotto e Previté Orton. Alla luce di nuove ricerche, la tesi del de Manteyer è stata scartata, in specie dopo gli studi del Cognasso e della Regina Maria José d’Italia, che tendono a ridimensionare l’importanza dei primi personaggi noti. Comunque sia la casata era di origine borgognona di classe cavalleresca, certamente legata alla corte d’Arles.

Storie e leggende sulle origini di Casa Savoia.

Sulle origini di Casa Savoia sono apparse nel corso dei secoli, a volte su incarico del sovrano e per sostenere una tesi politicamente conveniente, diverse interpretazioni. Questa prassi, del resto, fu adottata fin dall'antichità anche da molte altre dinastie illustri.

Occupandoci del primo stemma di Casa Savoia a noi interessa soprattutto la tesi sassone:

La tesi sassone

Secondo la moda del tempo, che spingeva i monarchi più importanti a ricercare le origini della propria stirpe, Amedeo VIII " il pacifico" (1398-1434) incaricò Jean d’Orville, detto il Cabaret di scrivere la storia della dinastia. Il D'Orville si mise al lavoro e ricostruì la storia dei Savoia facendola risalire a Beroldo, personaggio le cui gesta appaiono più frutto della fantasia che di ricerche storiche.

Amedeo VIII diede l'incarico di scrivere (o inventare?) la storia della famiglia attribuendole un'origine Sassone, forse per ottenere un elettorato del Sacro Romano Impero, origine che sarà avallata, sempre per motivi di convenienza politica, anche da Emanuele Filiberto, da Carlo Emanuele I e dai loro successori.

Secondo la fantasiosa versione del Cabaret, il vero capostipite dei Savoia fu Beroldo, duca di Sassonia, discendente di Vitichindo che difese la patria contro Carlo Magno, valoroso cavaliere (e nipote) dell'Imperatore Ottone III. Da Beroldo discenderebbe il Biancamano. Amedeo VIII, che aspirava alla carica di grande elettore era più conveniente discendere da una stirpe sassone che da una italiana.

"Dopo varie peripezie il nostro eroe, ricevette l’incarico di andare a palazzo a prendere un anello che l’imperatore aveva dimenticato sotto il guanciale. Dopo aver cavalcato tutta la notte, Beroldo entrò nella stanza dell'imperatrice, che era ancora a letto, infilò la mano sotto il guanciale e sentì una barba ispida. L'imperatrice tentò di giustificarsi dicendo che si trattava di un'ancella piuttosto pelosa in volto che era lì per tenerle compagnia, ma Beroldo non si lasciò imbrogliare. Uccise l’imperatrice infedele e il suo amante, tornò dal suo signore e gli raccontò tutto.

L'imperatore non poté premiarlo subito, dato il rango della defunta consorte ma dopo qualche anno di esilio e altre valorose imprese il nostro eroe fu finalmente premiato e divenne il signore delle vie di Francia."

Le vicende che portarono all'emblema con una croce bianca in campo rosso sono raccontate in modo alquanto fantasioso sempre dal D’Orville, preoccupato più di far piacere al suo padrone e di dimostrare la discendenza sassone della stirpe che di rispettare la verità…...

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"Il re di Francia, convinto da san Bernardo a partecipare alla crociata, si stava organizzando con una prudente calma (se la prendeva comoda). Il Papa e l'Imperatore decisero di stringere un po' i tempi ed affidarono un'armata al conte di Savoia Amé III (Amedeo III, "Conte Crociato", 1109-1148 Celebre guerriero, si dice che fu il primo Savoia ad utilizzare il titolo di conte del Sacro Romano Impero ) incaricandolo di andare in avanscoperta Quest'ultimo s'imbarcò e giunse a Rodi dove venne a sapere dal Gran Maestro dei Cavalieri dell'isola che una importante città cristiana era assediata dai Saraceni e rischiava di cadere in loro mano. Senza attendere il re di Francia Savoiardi e Cavalieri di Rodi veleggiarono verso la Terra Santa. Poco dopo la partenza incontrarono la flotta nemica ed ingaggiarono una furibonda battaglia in cui perse subito la vita il gran maestro.
I Cavalieri, forse per non perdere coraggio, chiesero ad Amedeo d'indossare la tunica del loro gran maestro defunto; egli accettò di buon grado.

Dopo una furiosa battaglia i Saraceni furono sconfitti e la città fu salvata. La notizia si diffuse presto in tutto il mondo cristiano e il re di Francia fu più sollecito nei suoi preparativi.

Il nuovo gran maestro disse ad Amedeo che, se voleva, poteva continuare a portare i colori di cavaliere di Rodi in ricordo della vittoria. Ma il Conte, la cui famiglia aveva ricevuto dall'Imperatore il precedente stemma: aquila nera in campo oro, non si sentiva di adottare lo stemma dei cavalieri senza prima aver ottenuto il permesso imperiale. Tornato a Roma chiese all'Imperatore se poteva indossare la croce bianca in campo rosso dei Cavalieri di Rodi.

L'imperatore, che gli era riconoscente per il coraggio dimostrato, l'autorizzò e, per otto secoli, questo fu l'emblema dei Savoia.

Sicuramente diversa la cruda realtà storica…..

Amedeo alla crociata

Il Papa Eugenio III, in fuga a Lione ai tempi di Arnaldo da Brescia, attraversò i possedimenti di Amedeo, che volle accompagnarlo personalmente attraverso il Moncenisio e la Moriana.

Di solito il passaggio di un potente attraverso le vie di Francia era fonte di ricchezza o privilegi. Quell'incontro, invece, cambiò la vita e il destino del Conte di Savoia riducendo lui e la sua famiglia quasi sul lastrico.

Non si sa se perché affascinato dal papa o per profonde convinzioni religiose o, piuttosto, per opportunismo politico, il conte decise di partecipare alla II crociata, (chiesta a gran voce da Bernardo di Chiaravalle), con numerosi Signori savoiardi e a fianco di suo nipote Luigi VII.

Un'impresa del genere aveva un costo altissimo, ma poteva anche fruttare molto, Amedeo si fece prestare soldi e uomini dai signori e dai vescovi del suo feudo, in particolare dall'abate di San Giusto di Susa, che, in cambio di 11000 soldi ottenne i diritti sulle acque della dora e mezza dozzina di borghi della media valle di Susa.

Partì con sei - settecento uomini armati di tutto punto. Non si distinse per abilità e riuscì a farsi disprezzare dagli altri comandanti.

Nel viaggio da Bisanzio alla costa del mediterraneo, dove navi greche avrebbero dovuto portare i crociati a Cipro l'avanguardia (incarico di fiducia: dall'avanguardia dipende la vita di tutti), fu affidata a lui e Geffroy di Rancogne, i due litigavano continuamente e con la loro scarsa collaborazione misero a repentaglio degli attacchi mussulmani il grosso della spedizione. Questo fatto suscitò gravi perdite e procurò loro la sfiducia e il disprezzo degli altri capi.

Qualche tempo dopo Amedeo morì, forse per malattia, forse per la prostrazione e le fatiche, mentre tentava di raggiungere Cipro. I sabaudi continuarono l'impresa con Luigi VII attraversando la Siria fino a Damasco, dove furono duramente sconfitti. Solo qualche decina di sabaudi rientrò in patria.

Amedeo III è sepolto a Nicosia.

Bibliografia Web:

http://www.sardimpex.com/savoia/savoia1.htm

http://mpgigi.altervista.org/index.htm

http://web.tiscali.it/ARALDICA/aquila7.htm

Minischeda ASA01 – I colori della Savoia Antica



Ricerca effettuata da Piero e Loriana